IN MEDIAS RENS


Il profumo di terra bagnata e di muschio che si mescolava con quello metallico del sangue,  le invadeva le narici. Due piccoli rigoli caldi, color porpora  fluivano  dalle ferite, tingendo di rosso la pelle candita color alabastro,  della gola.  Il freddo filtrava lentamente nella sua anima,  e  sentiva le lacrime bruciarle le labbra, con il loro sapore di sale.
Fissava assente un  piccola ragnatela  e attendeva  indulgente l’inevitabile, come solo  un  spettatore di un film giunto alla fine  può permettersi di fare. Le gocce di rugiada  si erano adagiate su sottili fili di seta, formando catenelle di perle traslucide che danzavano leggiadre alla lieve brezza del mattino. La nebbia si svegliava pigramente dal terreno innalzandosi  leggera, e nascondendo agli occhi il grande albero di arancio. Un venticello delicato le  sussurrava benevolo i profumi  che, come su un altalena, la cullavano nelle onde della memoria. La gola le bruciava. Le faceva male. Nella sua mente non era chiaro il perché. Perché soffriva tanto?. Lo stomaco le si torceva,  avvolto nella spirale stretta dei  sensi di colpa, nella  sensazione agra che da la vergogna.
Effimero. Questa tempo è effimero. Ma è pronto.
Chiudere gli occhi e perdersi nell'oblio. Lasciarsi cullare lievemente, e  assaporare  il nettare dolce che da la pace.
“Annullare la mia presenza in questo mondo potrebbe bastare?” Ormai respirava a fatica. Chiuse lentamente gli occhi.
“Di che colore  è l’infinito?”